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LA REPUBBLICA: La Cina risponde agli Usa nella guerra dei chip: un assegno da 47,5 miliardi per sviluppare il comparto - Gianluca Modolo
PECHINO – Nuova linfa per il fondo statale creato dalla Cina per dare impulso all'industria nazionale dei semiconduttori e arrivare all’autosufficienza nel settore che sempre il leader Xi Jinping chiede, di fronte ai tentativi americani di limitare l’accesso di Pechino alle tecnologie più avanzate, in questa "guerra dei chip” che si trascina da anni tra le due superpotenze.

Il nuovo round di finanziamenti (arrivato dal governo centrale e da varie banche e imprese statali) ammonta a 344 miliardi di yuan (44,6 miliardi di euro). Questa fase - la terza - rappresenta il più grande dei finanziamenti lanciati finora dal “Fondo di investimento dell'industria cinese dei circuiti integrati”, che ha come maggiore azionista il Ministero delle Finanze di Pechino. In linea con il nuovo mantra del leader Xi per concentrare gli sforzi sulle "nuove forze produttive”.

La prima fase del fondo venne istituita nel 2014 con un capitale di 138,7 miliardi di yuan, mentre la seconda fase arrivò nel 2019 con 204 miliardi di yuan. Ora, la terza, più massiccia: chiaro segnale che la Cina ha intenzione di colmare il gap derivante dalle restrizioni statunitensi. In questi ultimi due anni Washington ha imposto una serie di misure sulle esportazioni verso la Cina di chip più avanzati, sostenendo che Pechino potrebbe utilizzarli per potenziare le proprie capacità militari.

Dopo la notizia Smic, il più grande produttore di chip in Cina, ha registrato un +8,1% alla Borsa di Hong Kong, mentre la concorrente Hua Hong Semiconductor è salita di oltre il 10%. Di “mantenere i mercati aperti” e “rafforzare la cooperazione nella catena di approvvigionamento” si è parlato anche al vertice trilaterale tra Cina-Giappone-Corea del Sud appena conclusosi a Seul.

Il primo incontro in quasi quattro anni e mezzo che ha avuto per protagonisti il premier cinese Li Qiang, il primo ministro giapponese Fumio Kishida e il presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol. Il premier di Pechino ha chiesto di mettere da parte “la politica dei blocchi” e il “decoupling” dalla Cina: un summit che arriva mentre l’America sta spingendo proprio i suoi due maggiori alleati in Asia (Tokyo e Seul) a inasprire ulteriormente le restrizioni alla Cina ai semiconduttori più avanzati e a colmare le lacune nei controlli sulle esportazioni esistenti.

Ieri Li ha incontrato il capo della Samsung, incoraggiandolo a investire di più in Cina. Ma il gigante tecnologico coreano si trova in mezzo alle tensioni tra Washington e Pechino. Ha avuto un bilaterale anche con Yoon: "Le due parti dovrebbero evitare di trasformare le questioni economiche e commerciali in questioni politiche o di sicurezza e mantenere stabili e fluide le catene industriali e di approvvigionamento".

“Giappone e Corea del Sud devono affrontare le pressioni americane per ridurre l'accesso della Cina ai chip di alta fascia. La strategia di Pechino consiste nel persuadere Tokyo e Seul a ignorare l'assillante Zio Sam mettendo in evidenza i reciproci vantaggi economici. Il problema è che né il Giappone né la Corea del Sud si fidano di Pechino”, scrivono gli analisti di Trivium.

I tre leader hanno dichiarato che proseguiranno le discussioni per "accelerare i negoziati" per un accordo di libero scambio. Ma oltre che di commercio si è parlato anche di questioni di sicurezza. Il dossier nordcoreano è quello più importante. Proprio prima del vertice Pyongyang aveva annunciato l’intenzione di lanciare un nuovo satellite-spia in orbita: il lancio c’è stato nella tarda serata di lunedì ma per stessa ammissione dei nordcoreani è fallito, il razzo è esploso a causa di problemi legati a un motore a combustibile liquido. Il lancio di lunedì è stato il quarto della Corea del Nord dall'anno scorso. I primi due tentativi, a maggio e ad agosto, si erano conclusi senza successo, ma alla fine Pyongyang è riuscita a mettere in orbita un satellite spia a novembre del 2023.

Sia Yoon che Kishida avevano criticato con forza nel pomeriggio il piano di lancio del satellite della Corea del Nord. Il premier cinese Li si è limitato a chiedere invece a tutte le parti di "esercitare moderazione" e di lavorare per una "soluzione politica”. La dichiarazione congiunta firmata al termine del vertice tra i tre leader non cita la Corea del Nord per nome, ma riafferma l’impegno dei tre Paesi alla "denuclearizzazione della penisola coreana”. Linguaggio che a Kim Jong-un non è piaciuto.